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La corsa rivela il tuo carattere

In questo articolo, scritto dalla Psicologa Psicoterapeuta Tiziana Campanella, analizzeremo come la corsa sia in grado di rivelare il nostro carattere e come questo interagisca con le performance sportive.

Componente ereditaria ed allenamento

È noto che la performance presenta un certo grado di variabilità nella popolazione. Ma quanto si tratta di una variabilità frutto di un diverso grado di pratica sportiva e attività fisica?

Nel 2002 alla maratona di Boston erano presenti 14 atleti del Kenia, di cui 13, quindi il 93% terminarono la gara tra i primi 25 a differenza dei 1.122 canadesi, di cui 1 solo riuscì a classificarsi tra i primi 25. Come si spiega questo divario rispetto ai due diversi gruppi etnici?

Spesso un parametro studiato è l’utilizzazione frazionata del VO2max, in grado di influenzare la performance, significativamente diversa tra i corridori africani e i caucasoidi. (Weston AR, Mbambo Z, Myburgh KH. Running economy of African and Caucasian distance runners. Med. Sci. Sports Exerc. 2000; 32:1130-1134)

Secondo alcuni studi l’ipotesi generale è che vi sia una componente ereditaria nella fitness fisica e atletica che interagisce con i fattori ambientali, come ad esempio, l’allenamento. (Giuseppe Vona, Myosotis Massidda, Maria Ivana Cireddu, Carla Maria Calò, Genetica e performance sportive, 2005)

La corsa rivela il tuo carattere

Geni e performance sportive

Eppure, i ricercatori sono arrivati alla conclusione secondo cui sebbene esista un’associazione tra geni e performance sportiva, è altrettanto importante sottolineare come da soli non siano in grado di predire se un atleta sia potenzialmente un’atleta d’élite.

In altre parole, emerge come le caratteristiche genetiche da sole non bastino comunque a individuare talenti o a esaltare le potenzialità individuali tale da raggiungere risultati eccellenti.

I geni, dunque, sono responsabili del 50% della variabilità della performance fisica e della risposta all’allenamento tra gli individui di una popolazione. (Hopkins WG. Genes and training for athletic performance, 2001)

Gli stati mentali

Cos’altro subentra? È noto come anche gli stati mentali possono influenzare il livello sportivo e dunque la prestazione, agendo positivamente o negativamente. La differenza tra gli atleti è influenzata notevolmente dall’approccio mentale con sui si affrontano allenamento e competizione. E non solo.

Anche l’incontro con se stessi gioca un ruolo chiave. Che cosa accade quando le persone iniziano a correre e poi lasciano? Che cosa entra in gioco in quella decisione? In un’epoca e società liquida, in cui conta maggiormente l’apparire e l’idealizzazione della propria immagine, a discapito di un contatto con sé realistico e radicato, la corsa ti mette a nudo.

Il confronto con se stessi è il primo vero ostacolo da incontrare e gestire. È proprio vero che la corsa, dunque, rivela il tuo carattere?

Il grounding

Alexander Lowen, precursore dell’approccio psicocorporeo e fondatore nel 1956 a New York dell’International Institute for Bioenergetic, afferma che un’importante area d’interazione per il benessere psicofisico è il rapporto con il suolo.

Cosa vuol dire? Tutte le posizioni che assumiamo, tutti i passi che facciamo, dice, implicano questo rapporto; è molto interessante il rapporto tra personalità ed estremità inferiori, ed il modo in cui si riflette nel linguaggio del corpo. (Bioenergetics, New York, Coward, McCann & Geoghegan, 1975). Di una persona diciamo che ha una “buona posizione” e un “buon radicamento” (grounding) o “non ha alcuna presa”. (Ibidem, p. 80)

Perché è così importante il modo in cui “ci poggiamo” a terra e facciamo presa? Perché rivela il modo con cui scarichiamo le tensioni. Un corpo rigido, camminerà, assumerà una certa posizione da riposo o correrà, in una certa maniera. Un corpo più armonico e meno contratto sarà più flessibile e in grado di scaricare passo dopo passo, la tensione accumulata (rilascio).

Il modo in cui una persona sta nella vita, cioè la sua posizione in quanto a essere umano, si rivela con evidenza estrema nel corpo, dice Lowen. (Ibidem, p. 80). Vale la stessa cosa per un corpo in movimento, come la corsa, che espone la persona a un incremento di stress.

La corsa rivela il tuo carattere

Corsa e carattere

Quando viene fuori il nostro carattere? Esattamente quando ci troviamo a fronteggiare e a misurare entro una data situazione o esperienza che ci espone a stress, e implica la nostra personale risposta psicofisiologica alla gestione dello stress.

La consapevolezza di come una persona “sta in piedi” può rivelare molto, attraverso la lettura del corpo in bioenergetica, di come poi saprà affrontare uno stress maggiore che sottopone il proprio corpo a una tensione massimale. Consideriamo, ad esempio, la tendenza di molta gente a tenere le ginocchia rigide quando sta semplicemente in piedi.

Questa postura ha l’effetto, dice Lowen, di trasformare la gamba in un supporto rigido a spese della flessibilità. Questo ci informa che nella personalità c’è una certa insicurezza, che può essere consapevole o inconscia.

Se non sono consapevole dei “mie blocchi” muscolo-tensivi, camminerò e correrò assumendo una postura rigida piuttosto che flessibile.

Il corpo non mente

Allora la corsa diventa rivelatore del proprio carattere proprio perché è vero, come dice Lowen, che il corpo non mente. E sottoponendolo, inizialmente, a uno stress nuovo, lascia emergere ciò che probabilmente di solito è taciuto, o semplicemente sotto la soglia della consapevolezza.

La struttura del carattere viene identificata con una determinata postura corporea. Una persona, ad esempio, con il bacino in avanti e le natiche contratte, rivela che nella sua personalità è presente l’atteggiamento di “tenere dentro”.

Una persona con la parte del corpo superiore molto più sviluppata di quella inferiore, può rivelare la presenza di tratti tipici del controllo, così come le spalle costantemente rialzate, indicano un’espressione bloccata della paura, di cui non ci accorgiamo perché cronicizzata (presenza di contrattura).

Ognuno di noi ha un personale punto corporeo (blocco) in cui riversa e accumula la maggior parte delle tensioni e dello stress. La corsa, fonte di esposizione allo stress psicofisico, rivela o accentua questi blocchi. Ed entriamo in crisi.

La corsa rivela il tuo carattere

Blocco vs atteggiamento di apertura

Crisi vuol dire però che abbiamo davanti a noi anche una grande opportunità di acquisire una maggiore attitudine all’apertura, imparando ad ascoltare, riconoscere, accettare e padroneggiare i nostri blocchi.

Ogni blocco corporeo, per il principio d’identità funzionale mente-corpo, corrisponde ad un preciso blocco mentale. Anche questo, più o meno, consapevole.

Quando si mette un corpo in movimento, quindi incrementiamo energia, una delle paure più radicate in noi che emerge è naturalmente la paura di cadere, ossia di fallire. Lasciando emergere una serie variabile di modi personali con cui ciascuno di noi vive la paura del fallimento.

La capacità di rilasciare le proprie tensioni però, fondamentale per un corpo flessibile e non rigido, attraverso una respirazione profonda, ha molto a che fare con la capacità di lasciar andare.

Energia

La spontaneità è una funzione della motilità del corpo. (Bioenergetics, New York, Coward, McCann & Geoghegan, 1975, p. 234). Un corpo non rigido e sufficientemente libero da tensioni, cioè da blocchi, è un corpo caratterizzato da spontaneità. Motilità e spontaneità di un corpo sono direttamente collegate al suo livello energetico.

Per muoversi occorre energia. Per correre ci vuole molta energia. Quando il livello di energia è basso (o depresso) la motilità ne risulta notevolmente diminuita. Energia e autoespressione sono collegate: se la capacità di autoespressione di un individuo è bloccata, la sua spontaneità si riduce, deprimendo il livello energetico.

Abbandonarsi pienamente al movimento è un obiettivo della corsa, come nella vita, che si riflette nella capacità di coltivare un corpo libero via via dalle tensioni che emergono, imparare a nominarle e a lasciarle andare, per una fluidità maggiore che si evidenzia in un corpo più armonico.

D’altronde, non è un segreto che la corsa sia un antidepressivo naturale, stimolando la produzione degli ormoni del buon umore, serotonina, dopamina e irisina, l’ormone degli sportivi. Ma di questo vi parleremo nel prossimo articolo.

La corsa rivela il tuo carattere

Articolo scritto dalla Dott.ssa Tiziana Campanella – psicologa psicoterapeuta individuale e di gruppo, specializzata in analisi Bioenergetica, tecniche psico-corporee, regolazione delle emozioni, rilassamento progressivo, conduttrice di classi di bioenergetica volta alla gestione delle energie e alla riduzione dello stress.

Responsabile dei contenuti del blog salutementale.net e coordinatrice della Redazione della Salute Mentale “Centro Studi e Documentazione L.Attenasio-V.Marzi” del Dipartimento di Salute Mentale ASL Roma 2.

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